No alla Guerra in Ucraina

Guerra in Ucraina, intervista a Emiliano Brancaccio

Pubblicato il 28 feb 2022 FONTE www.rifondazione.it

di Daniele Naldone –

“Un nuovo ‘whatever it takes’ per salvare la pace in Europa è possibile. Sancire la fine dell’espansionismo NATO e UE a est. Ma vedo troppi elmetti in testa e cervelli già spenti, tra putiniani senza ritegno e atlantisti senza memoria”.

Micromega è tra le primissime testate ad aver fornito una cronaca diretta dell’attacco delle truppe russe all’Ucraina, con Valerio Nicolosi nostro inviato a Kiev. Ma oltre alla cronaca serve l’analisi. Per questo intervistiamo Emiliano Brancaccio, economista e oggi intellettuale di riferimento del pensiero critico in Italia, che di guerra – economica e non solo – ha ampiamente trattato nel suo ultimo libro: “Democrazia sotto assedio”. Brancaccio propone una linea alternativa di gestione della crisi internazionale.

Professor Brancaccio, le forze politiche italiane sono schierate contro la Russia. Non mancano però i filo-russi che elogiano l’attacco di Putin come segno di spregiudicata realpolitik. Lei cosa pensa?
La Russia si è macchiata di un’infamia di cui noi occidentali siamo stati cattivi maestri per anni, dalla Jugoslavia all’Iraq: ossia, aggredire altri paesi per distruggere e controllare. Putin è anche ricorso alle tipiche ipocrisie che abbiamo usato noi nel recente passato per giustificare le peggiori nefandezze, quando ha definito l’assalto all’Ucraina una mera “operazione di polizia”. Elogiare l’invasore russo che imita il peggio del militarismo occidentale sarebbe dunque un atto inverecondo. Per le stesse ragioni, però, non si può dar credito a quei politici nostrani che in queste ore non riescono a far meglio che proporci linee d’azione più ispirate a Rambo che alla diplomazia. In un momento così cupo, il ceto politico italiano dovrebbe piuttosto interrogarsi sulle proprie responsabilità storiche.

Di quali responsabilità parla?
Dopo il crollo dell’URSS, la NATO garantì che non si sarebbe espansa con i suoi missili e i suoi soldati fino ai confini russi. La promessa non è stata mantenuta: nell’arco di un trentennio, ben dieci degli ex paesi del patto di Varsavia sono stati inglobati nella NATO e altri sono stati convocati in sala d’attesa. Il risultato è che le truppe puntate contro Mosca hanno avanzato di 1500 chilometri, potremmo dire da Berlino fino a Tallin. Assorbendo anche l’Ucraina, la NATO avrebbe messo altri cannoni sulla linea del confine russo. Sono rari i responsabili della politica italiana che hanno ammesso che l’intenzione dell’attuale governo ucraino di entrare nella NATO andava subito scoraggiata se non si voleva accendere la miccia di una nuova guerra in Europa. La grande maggioranza dei nostri esponenti istituzionali ha invece irresponsabilmente assecondato le ambiguità imperialiste degli americani su questo tema. Alla fine, sempre in una logica imperialista, i russi hanno reagito e la guerra è scoppiata. L’Italia ha responsabilità internazionali non trascurabili, ed è oggettivamente correa di questa situazione. Draghi e Di Maio dovrebbero innanzitutto ammettere che la linea dell’ambiguità sull’espansionismo NATO a est si è rivelata catastrofica.

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